Ricordo del prof. Donato Valli

18 ottobre 2017. Il Presidente, il Comitato Esecutivo, il Consiglio Generale, Marcello e Trifone Bello, partecipano al grande dolore dei familiari per la dipartita da questa terra di uno dei più illustri interpreti della vita culturale e sociale della nostra Terra.

DONATO VALLI, Rettore, Ordinario emerito di Letteratura Italiana presso l’Università del Salento, è stato il primo presidente della Fondazione Don Tonino Bello e studioso appassionato delle sue opere. Ha dedicato saggi molto importanti e significativi sullo stile poetico e sul linguaggio di Don Tonino. Ha promosso incontri di studio e convegni per divulgarne il pensiero e la spiritualità in tutta Italia. Molto vicino al nostro Don Tonino Bello quando era in vita, ha continuato a frequentarlo ed amarlo dopo il suo dies natalis dedicando la sua indagine di studioso sul pensiero e sul valore attuale della sua profezia, indicando al cammino della Fondazione, fin dall’inizio del suo mandato, il giusto percorso da seguire.

In questo nostro estremo saluto vogliamo esprimere la grande stima e la gratitudine di tutti noi per l’impareggiabile servizio culturale e per il contributo alla crescita della popolazione attraverso il suo magistero espresso con grande competenza e rettitudine.

* Fondazione don Tonino Bello, 28 Ottobre 2017.

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Abbiamo perduto un illustre personaggio della cultura salentina e non solo salentina. Donato Valli tanto illustre per cultura, per il magistero esercitato nella sua lunga attività Università del Salento, per i notevoli impegni e ruoli istituzionali assunti e svolti con grande competenza e rettitudine.

Di lui si può dire quello che leggiamo nel salmo 37 “La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore”.

Donato Valli ci ha lasciato una grande eredità di studi e di esempio di impegno civile fecondato dalla spiritualità evangelica.

È’ stato un notevole docente universitario nel campo della letteratura; un critico letterario e saggista che particolarmente ha saputo far emergere la letteratura poetica cosiddetta minore, considerata tale più per comune disattenzione che per valore poetico e letterario, il cui pregio invece egli ha fatto conoscere e riconoscere. È stato il critico che ha sollevato  dall’oblio e dall’abbandono Girolamo Comi, il poeta per antonomasia del Capo di Leuca, e tutta la poesia in vernacolo salentino. Ma egli è stato anche colui che ha fatto conoscere in profondità la poesia contemporanea e, in particolar modo, la poetica montaliana, in cui egli stesso  risentiva le proprie tendenze estetiche e liriche.

Ma noi in questa breve nota, più che come docente, come critico letterario, come promotore e poi rettore dell’università salentina, di cui certamente saranno altri a parlare e a scrivere non solo e non tanto in questa imminente occasione commemorativa, vogliamo fare, per ora in modo molto sintetico, una breve memoria del suo impegno profuso per la costituzione della Fondazione Don Tonino Bello e nel presiederla.

È stato il primo presidente del Sodalizio che si è posto il difficile e nello stesso tempo entusiasmante compito di continuare nel tempo la memoria della spiritualità e della profezia di Don Tonino. Egli ha tracciato il cammino della Fondazione caratterizzando la sua attività come strumento di promozione culturale, di una cultura prettamente espressa nel magistero di Don Tonino come promozione dell’inclusione, della solidarietà, della convivialità.

Donato Valli sentiva questo compito di rappresentare un segno vivo del ministero profetico di don Tonino Bello come un grande dono, ma nello stesso come un grave onere. Scriveva in suo editoriale del periodo Il Grembiule (n.9/2003); “Cari fratelli e amici di Don Tonino ci sentiamo tutti raccolti nel suo nome e imploranti la sua benedizione per uno spiraglio di luce e di speranza. Confesso di essere il rappresentante ufficiale della Fondazione don Tonino Bello e insieme di portare il peso di rappresentarlo e di non saper trovare parole adatte per denunciare la barbarie della guerra… Don Tonino non ha risposte in termini di storia e di politica umana… ma non abdica alla speranza della pace universale, ad una condizione: che la vogliano i poveri.”

Ci rimarrà indelebile memoria di questo insegnamento evangelico che il prof Donato Valli ha attinto e coltivato nel campo fecondo della parola profetica di don Tonino Bello, mentre preghiamo che lo spirito del suo insegnamento rimanga a lungo per il presente e per il futuro come lezione di vita per tutti noi e che lo spirito della sua carne, come molti di noi credono, possa vivere in eterno in perenne lode dell’Altissimo.

Vito CassianoGiancarlo PiccinniFondazione don Tonino Bello, 28 ottobre 2017.

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Parlando della fine umana di un personaggio come Donato Valli, debbo dire che avverto una forte difficoltà. Chi lo ha conosciuto sa che era una persona ricca e schiva insieme. Anche quando è stato chiamato dalle istituzioni a gestire situazioni di estrema importanza,  pensiamo all’Università salentina, ha sempre manifestato la sua serietà e la modestia nella modalità della prassi e nei rapporti con tutti gli altri. Il suo carattere, portato a non drammatizzare i problemi, ha fatto sì che ognuno di noi, docente, impiegato, studente, avvertisse di trovarsi spesso davanti ad un amico e, comunque, sempre davanti ad una persona di cui fidarsi e pronta ad un rapporto culturalmente ricco.

Per testimoniare la sua profonda umanità e modestia, si può ricordare la sua continua e permanente  manifestazione di salentinità, che non era mai “paesana”, ma di una piena cultura e rispetto di tutti coloro che si apprestavano a lui. Saranno loro a tenerne viva la sua storia. Tutto questo non deve oscurare la sua profonda civiltà e disponibilità quando si rendeva conto che aveva davanti persone pulite e attive come lui. Inutile aggiungere anche quando l’ateneo leccese aveva al governo un personaggio come Giuseppe Codacci Pisanelli, originario di Tricase, Valli non ne profittasse mai, perché egli era un uomo di un’etica che si basava sul lavoro, sulla responsabilità, sul rispetto delle istituzioni e delle persone.  Tutto ciò era integrato da una cultura di alto prestigio, cosa che magari poteva essere confusa dalla sua modestia nel rapportarsi agli altri, di qualsiasi condizione sociale fossero.      

Ma va inoltre ricordata la forte cultura di Donato Valli che giovò anche alla lettura e alla pubblicazione, non solo editoriale, di ciò che anche il Salento aveva prodotto. Tutto questo ne fece un punto importante nel panorama letterario nazionale, che si riempì anche della nostra storia. Se oggi il  Salento ha un livello alto di cognizione sociale e culturale, lo si deve anche a lui e a soggetti come lui. Non dobbiamo temere cadute, però sta a ognuno di noi di mettere tasselli che siano la prosecuzione di tutto quello che studiosi come Valli hanno dato al loro territorio.

Spero che l’istituzione universitaria salentina progetti delle modalità che, in maniera duratura, lascino alla memoria del nostro territorio ciò che personaggi del genere hanno dato a molti di noi. Sono certo che quelli che sono stati suoi discepoli e oggi sono docenti aiuteranno la nostra politica culturale, ma anche la percezione che la politica e la cultura sono storie della comunità tramite anche singoli soggetti. Valli è stato una storia e un esempio che non sarà né deve essere dimenticato.

Giovanni Invitto, 28 ottobre 2017

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Mi permetto di porgere il ritratto di un Uomo, di uno Studioso, di un Maestro, che mi ha aiutato a conoscere, conoscendoLo, a partire da un’asimmetria che mi ha sempre incuriosito ed ‘affascinato’ della Sua cara personalità: il suo volto calmo e confidenziale, la sua scrittura critica, invece,  ‘in lettura’ dell’inquietudine e della drammatizzazione poetica del nostro tempo.

Sin dalla mia vita di studente, ho cercato di incontrare Donato Valli in più luoghi della sua azione (la preferisco ad attività) culturale: nell’aula universitaria, nella sala delle sue tantissime conferenze, nella pagina delle sue molteplici scritture.

Mi considero fortunato di averlo incontrato in un giorno azzurro del luglio salentino di tanti anni fa, a Tricase, dove ero andato per conoscerlo anche ‘paesanamente’.

Lo vidi mentre dialogava, lungo una stradina del centro storico, con a fianco don Tonino Bello e il frate-poeta Padre Davide Maria Turoldo, in visita ospitale da Milano: mi fece cenno di accostarmi. Timido, un po’ distante, ascoltavo il loro dialogare modulato dal camminare lento, dal tono meditativo della voce, con cui si intrecciavano, per meglio spiegare e spiegarsi,  concetti, immagini, citazioni. Le loro parole erano continui richiami alla cultura del tempo lungo nella sua diacronia, dove si ritrovano profeti, filosofi della saggezza antica, mistici della tradizione cristiana, si riconoscono poeti dalla parola mai ‘fuori luogo’, perché creano essi l’ in-luogo’ dove comporre un senso germinativo, che fiorisce quando si vuole cercare  radice al proprio scoprire un ‘già detto’, con cui rifinire l’ ‘ancora’ da dire in profondità e dall’intensità.

Dire nella profondità, esprimere l’intensità: ecco il leitmotiv del linguaggio critico di Valli, della sua ricerca scientifica, metodologica, con cui ci ha insegnato a leggere entro l’inquetudine verbale dei testi poetici della contemporaneità europea (Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé), italiana (Montale, Ungaretti, Campana, Rebora), dialettale, anche salentina (poeti in dialetto i più studiati da Valli: P. Gatti, N. G. De Donno, E. Caputo): differenza di resa artistica, distinzione di traguardi estetici, ma non di stile di lettura, con cui estrarre la significazione da dentro le forme difficili, gli stilemi contorti, le immagini ‘senza fili’, da dove far affiorare le risposte delle coscienze sensibili, le coscienze dei poeti, alle domande della storia, che la storia impone come problemi e la poesia traduce in lamentazione o in protesta dell’animo, questa eccedenza del nostro sentire da dentro, che si accorge del ‘fuori’ disarmonico, quando diventa artificioso, innaturale, non umano, e, dunque, l’anima poeticamente avverte, rifrange, abduce, utopizza, scrive per inscenare nel dove l’infranto tende al suo altrove da comporre.

Exotopia immaginante, raffigurativa, è la ricerca di intensità protesa dal poetico, con qualunque materiale linguistico esso parli e si esprima: parola dotta o parola popolare; ‘factum’ semantico, pure comunicato, parlato con le diverse modalità delle lingue.

Insomma, il ‘modus’ di lettura di Valli critico mi permetto di ritrarlo con le sue stesse parole, a proposito di come un poeta, da lui molto studiato, Clemente Rebora,  leggeva Leopardi, considerato “nella sua grandezza più che nella sua bellezza, nell’intensità, cioè, che è […] esistenziale verifica dei concetti del bello e del vero nel fuoco delle proprie vene e nello strazio delle proprie carni”.

La citazione è derivata da Anarchia e misticismo nella poesia italiana del primo Novecento (Lecce, Milella, 1973), un libro fondamentale per lo studio della letteratura italiana contemporanea, in cui si parla di Lucini, Onofri, Boine, Rebora, Pereyra e di Girolamo Comi, poeta che Valli ha considerato per tutta la sua vita suo Maestro, alla cui scrittura ha dedicato la responsabilità critica di studioso, facendolo conoscere fin nelle sue carte segrete, prima inedite, e pubblicando, con cura rigorosamente filologica,  l’intera opera poetica già edita, ma in poche copie, sin dall’inizio delle loro pubblicazioni quasi introvabili  (cfr., soprattutto, Girolamo Comi, Opera poetica, a c. di D. Valli, Ravenna, Longo, 1977).

Ebbene, è nel volume prima citato, Anarchia e misticismo…, che si delinea il paradigma interpretativo di Valli, con cui la lettura critica riesce ad entrare nell’ideazione della parola poetica novecentesca, che trova nell’immagine simbolica l’incontro di un’adesione ‘sur-razionale’, entro cui compensare i confini escludenti del razionale entro l’oltre ragione della figuratività ‘interiore’, con l’esito di un voler dire profondo, parlando dalla densità. Che non è ‘modus’ di un parlare difficile, ma di un dire ‘innocente’, che è ‘sofferentemente’ inquieto, in quanto l’innocenza è ‘risposta’ impegnata, responsabile, nei confronti nel ‘neppure’ domandare e chiedere della storia, con la sua indifferenza.

Nel vocabolario critico di Valli l’intensità come “innocenza”, e non come “grandezza” (la lezione reboriana, a proposito della lettura di Leopardi), significa che è nella profondità poetica che si scopre la liberazione dall’artificio della storia: liberazione ‘innocente’ che si incontra pure nella parola dialettale della nostra area poetica salentina. Che Valli ha scoperto, ha approfondito, ha curato con la capacità sua di storico  della letteratura e di filologo testuale, della scuola filologica di Mario Marti: si pensi, ad esempio, ai quattro volumi di Letteratura dialettale salentina dall’Otto al Novecento, editi dall’editore Congedo (1995; 1998).

In una passeggiata metaforica tra le pagine del Paese-scrittura di Valli, si incontrano Lui con i Poeti del Simbolismo europeo, dell’Ermetismo italiano e salentino, nel bilinguismo, quest’ultimo, di lingua e dialetto: poeti che, incontrandosi con i concetti critici di Valli, rispondono al lettore come Autori da conoscere e da comprendere, con le cui parole, critiche e poetiche, comprendere e conoscere l’area ‘aperta’ della modernità ‘in dialogo’ tra coscienza e storia.

Insomma, nei libri  ‘accade’, ogni volta che li leggo, quello che mi ‘accadde’ lungo la stradina di Tricase, quando, incontrando Valli con don Tonino e Padre Turoldo, mi sembrò di ascoltare il mormorio culturale della nostra civiltà farsi ‘eco’ di parola, con cui dire l’intensità, parlare dalla profondità: una maniera di conoscere, fino a potersi finalmente conoscere.  È il fine della lettura umanistica, quando incontra una scrittura capace di parlare criticamente alle domande ‘inquiete’, vallianamente ‘innocenti’, del vivere.  

Carlo A. Augieri, 28 ottobre 2017.

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Quando mi è giunta la notizia della morte del prof. Donato Valli, varie immagini di lui mi sono comparse nella memoria; alcune dal vivo, altre apprese per vie diverse come foto, giornali, video. L’ho rivisto ragazzino sorridente con i compagni di classe della V elementare, giovanissimo batterista nella band “Sud- Ovest 1946”, o allegro presidente nel gruppo giovanile diocesano di Azione Cattolica a Leuca, o dal piglio serioso nella densa foto di famiglia, con i genitori Espedito e Celeste, i fratelli e le sorelle. L’ho rivisto in pompa magna di rettore, con sulle spalle il candido manto d’ermellino, durante le cronache TV per l’apertura dell’anno accademico, o insieme al Presidente della Repubblica, o davanti al Papa, o con la rozza tuta da pescatore quando armeggiava con ami ed esche nella sua barca al porto, o di autorevole docente nell’aula gremita di studenti, o di erudito conferenziere nelle vesti di presidente della locale Società di Storia Patria, che aveva contribuito a fondare. Lo ricordo ancor meglio, e direttamente, come capogruppo DC al consiglio comunale di Tricase al quale fu eletto varie volte, o appassionato relatore nei congressi del partito, o in altri ambiti sociali, dove portava il suo contributo di esponente della cultura cattolica della quale era un convinto e convincente assertore.

Tuttavia l’immagine di lui che prevale su tutte le altre, quella alla quale la mia memoria rimanda prepotentemente, è vederlo la mattina seduto su una delle panchine di piazza Pisanelli, in compagnia della signora Enza, mentre s’intrattiene col mio nipotino Sebastiano che gli prende di mano il bastone e giocherella con lui. Il volto si apre spontaneo al sorriso, lo sguardo diventa tenero e il prolungato silenzio è rotto dalla pronuncia di piccole frasi affettuose, capaci, come si usa per bambini di pochi anni, di stabilire dialoghi minimi eppure ricchi di sentimento. Accadeva ugualmente nella bottega di maestro Rocco Longo, in via Roma, dove spesso si recava in compagnia dell’inseparabile amico Italo Santoro e dove  io capitavo talvolta col mio nipotino.

Perché, mi sono chiesto, questa è l’immagine di Donato Valli che ricorre più facilmente nel mio ricordo? Vederlo sorridere felice, sentirlo interloquire con un bambino in un linguaggio infantile, perché prevale su altre immagini legate a ruoli certo più prestigiosi? La risposta è nella umanità di Donato Valli. Se nella malattia il suo stare bene con i bambini, il suo “essere bambino” ha resistito così a lungo nella più intima profondità del suo animo, vuol dire che egli “ha vissuto da bambino”, non tanto nel senso pascoliano, quanto in quello evangelico richiamato da s. Matteo (18, 3-4): «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli». E se la qualità, osiamo dire la virtù, connaturata al bambino è l’innocenza, si può affermare che Donato Valli l’ha vissuta in pienezza durante la sua vita così ricca di soddisfazioni, ma non priva di sofferenze a volte drammatiche. Se un dispiacere gli ha pesato in modo indicibile, segnandolo per sempre come «un tuffo negli abissi», fu l’accusa subita da rettore, di non aver gestito in modo corretto alcuni lavori all’Università di Lecce. Visse quella dolorosa stagione da uomo e da cristiano (v. introduzione a “La mia Università di tutti”, Congedo 1995), uscendone completamente immacolato e pienamente riconosciuto nella sua innocenza.

A proposito del destino ultimo degli uomini così canta il salmista (Ps 24, 3-4): alla domanda «Quis ascendet in montem Domini?/ Aut quis stabit in loco sancto eius? (Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?)»  risponde: «Innocentibus manibus et mundo corde, qui non levavit ad vana animam suam/ nec iuravit in dolum (Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronuncia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo) ».  Dovendo scegliere poche parole per tratteggiare il prof. Donato Valli nel suo aspetto più intimo, per come io l’ho percepito e per l’esperienza che ne ho avuta, lo vedo, nel senso evangelico del termine, un “puro di cuore”. «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» è la sesta beatitudine nel vangelo di s. Matteo (5,8). Il puro di cuore è una persona sincera, non è ipocrita; il suo agire è determinato da rette intenzioni, senza secondi fini, dai pensieri trasparenti; è una persona in grado di mantenere la propria innocenza che non è ingenuità, come potrebbe apparire a chi vede le cose da una prospettiva limitata, solo mondana. Il puro di cuore sa bene come vanno le cose di questo mondo, ma non si adatta, si sforza di non tradire i propri principi, anche se la maggior parte delle altre persone si comporta all’opposto.

Vi sono tanti episodi, nella vita pubblica del prof. Donato Valli, dai quali ho tratto il convincimento che egli restava fedele a se stesso, al proprio credo, anche a costo di sofferenze tanto più laceranti, quanto più profondamente custodite nella sua anima delicata, spesso nascosta da una ruvidezza solo di difesa. Grazie, prof. Donato Valli e arrivederci.

Ercole Morciano, 30 ottobre 2017.

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18 ottobre 2017. Si è spento nelle scorse ore il professor Donato Valli, figura storica dell’Università leccese. Tra i fondatori dell’Ateneo, allievo di Girolamo Comi, Valli è stato Rettore dell’Università degli Studi di Lecce dal 1983 al 1992 e preside della facoltà di Lettere e Filosofia. Da letterato ha intuito il valore delle grandi figure letterarie salentine del Novecento.

Messaggio di cordoglio da parte del Rettore Vincenzo Zara che scrive: “La scomparsa del professor Donato Valli è una grande perdita per la nostra Università. Oggi non veniamo solo privati dello studioso e del docente prestigioso la cui attività didattica ha formato intere generazioni di studenti, perdiamo l’uomo appassionato e generoso che ha contribuito alla crescita di questo Ateneo. Il suo lavoro instancabile per la comunità accademica salentina e il suo amore per il territorio hanno consentito alla nostra Università di crescere e di affermarsi nel contesto nazionale con forza, dignità e autorevolezza. Donato Valli è stato professore ordinario, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e rettore della nostra Università. Le sue numerose ricerche sulla letteratura locale hanno strappato al silenzio tante voci di letterati salentini a testimonianza di un legame forte con la nostra terra. Dobbiamo essergli grati anche per questo, insieme all’impegno istituzionale e culturale per cui lo ricorderemo”.

Anche dal sindaco Carlo Salvemini il ricordo dedicato al professore scomparso: “Un uomo, un letterato, la cui storia umana e professionale ha coinciso per lunghi anni con la scoperta e la valorizzazione della cultura letteraria del nostro territorio e con la crescita dell’Università di Lecce, della quale è stato Rettore per un decennio, dall’83 al ’92”. Salvemini ricorda come Valli, da Rettore, fu promotore della nascita delle Facoltà di Scienze Economiche e poi di Ingegneria, ponendo le basi del progetto di quello che diverrà il campus di Ecotekne, e come, da letterato riconobbe il valore della conoscenza al di là delle barriere disciplinari e dell’esigenza di una Università che dialogasse con la città e con il mondo: “Uomo discreto – aggiunge -, umile, generoso, attento ai giovani e disponibile nei confronti delle sperimentazioni, la figura e l’opera di Donato Valli rappresentano un patrimonio culturale che la città di Lecce saprà valorizzare. Oggi, nel giorno della sua scomparsa, con sentimenti di gratitudine e ammirazione, la città gli rende omaggio”.

Anche il presidente della Provincia, Antonio Gabellone, ricorda la figura di Valli: “Un intellettuale autentico, un interprete straordinario della nostra terra, una personalità rara perché dotata, tra l’altro, di un’eccezionale lungimiranza, della straordinaria capacità, cioè, di vedere avanti, di vedere oltre, precorrendo i tempi dell’azione comune. Donato Valli era questo e tanto ancora. La sua scomparsa ci colpisce e ci rattrista. Da oggi avvertiremo forte la mancanza di un uomo generoso che ha dato tanto al nostro Salento, che è stato ispiratore di tantissimi giovani, che ha contribuito con la sua opera a definire quell’identità culturale e letteraria oggi riconosciuta a livello nazionale. Nel giorno del commiato, a lui va il nostro grazie sincero e a tutta la comunità salentina va l’incitamento all’impegno di continuare a dare valore alla sua instancabile attività di ricerca e di studio e di tenerne viva, orgogliosamente, la memoria”.

L’assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Lecce, Patrizia Guida, dichiara: “Donato Valli si è spento silenziosamente nella sua amata Tricase. Ha concluso una lunga vita spesa nel segno dell’onestà intellettuale e dello studio, serio e grave, con il quale ha dato onore alla nostra Università e al Salento. Ho condiviso la sua stanza in Facoltà (o meglio mi ha ospitata nella sua stanza) al primo piano del Codacci Pisanelli per circa quindici anni, fino a quando non è andato in pensione. Io la giovane ricercatrice appena tornata dall’America, lui il Professore e già rettore. Nonostante la diversità di esperienze e di interessi scientifici, si creò da subito un rapporto di assoluta parità sul piano intellettuale e complementarietà su quello della quotidianità accademica. Come sua ricercatrice ho goduto di una straordinaria libertà, di pensiero e di azione, che io ora cerco di trasmettere a chiunque voglia lavorare con me. Di questo insegnamento gli sono grata. Tutti dovremmo essergli grati per come ha saputo gestire sia l’Ateneo, in un momento di delicata”. 

leccesette.it, 18 ottobre 2017.

* Fondazione don Tonino Bello, Sezione DONATO VALLI


Trascrizione online | A cura della  Redazione dontoninobello.info


keynote: Donato Valli


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