Messaggio ai lavoratori delle ferriere di Giovinazzo

1 Cari lavoratori delle Ferriere di Giovinazzo,

in un momento particolarmente drammatico per voi, per le vostre famiglie e per l’intera città, vogliamo farvi giungere la no­stra voce, per assicurare tutti, senza mezze misure, che noi stiamo dalla parte vostra.

Sappiamo che la situazione è molto complessa, e sappiamo anche che non abbiamo né il compito, né la competenza per fare specifiche valutazioni di merito o per proporre elementi tecnici di soluzione.

Abbiamo, però, come Chiesa, un compito e una competenza che nessuno ci può contestare: quello di schierarci con gli ultimi.

E in questo momento gli ultimi siete voi, sul cui capo grava­no le minacce di un futuro preoccupante e le prospettive, niente affatto esorcizzate, che la cassa integrazione sia solo una fase di passaggio a consistenti operazioni di licenziamento.

Ma cosa significa oggi «stare con voi » che siete gli ultimi?

* Significa, intanto, condividere la vostra sofferenza. Sono in gioco la vostra dignità, la vostra casa, la vostra salute, il vostro equilibrio interiore. Sono messe in crisi la vostra serenità, la vo­stra capacità di coltivare i valori dello spirito, la vostra possibilità di accedere alla cultura, di attendere alla preghiera, di coltivare gratificanti rapporti interpersonali. È un fardello pesantissimo che avete sulle spalle, e noi vogliamo aiutarvi, standovi accanto, a sperimentare una nuova solidarietà, impotente forse, ma più forte di tante altre efficienze di comodo, frutto di potere.

* Significa, ancora, condividere i nostri beni. Cari lavoratori, ci accorgiamo che questa, per noi credenti, più che una promes­sa, dovrebbe essere un esame di coscienza. Dobbiamo ammetter­lo, ci siamo costruiti molti idoli: il denaro, il potere, il consumo, lo spreco, la tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Noi vogliamo demolire questi idoli e recuperare nella condivisione un genere diverso di vita. Aiutateci a scorgere le nostre contraddizioni.  Aiutateci a individuare ciò che potremo spartire con voi. Aiutateci a uscire dal vuoto delle belle parole, facendoci intuire, per esempio, che la frase del Vangelo di Luca «chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha» oggi, in versione moderna, potrebbe essere tradotta così: «chi ha due fonti di guadagno ne dia una a chi non ne ha»!

* Stare con voi, che oggi siete gli ultimi, significa anche condividere la vostra protesta. Protesta contro le latitanze, le lentez­ze, i ritardi, le scelte che hanno reso estremamente pesante la situazione. Protesta contro una politica che non ha salvaguardato i livelli occupazionali attraverso le necessarie riconversioni e ristrutturazioni. Protesta, dobbiamo pur dirlo, contro la leggerezza, l’assenteismo, il doppio o triplo lavoro, la mancanza di serietà, la carenza, di rigore tecnico e di correttezza professionale di quei lavoratori i quali pensano che il dovere e la giustizia siano virtù che soltanto gli altri devono praticare.

* Stare con voi, infine, significa esortarvi a condividere le nostre speranze. La situazione è difficile, è vero; e, tenuto conto che la crisi non si risolverà a brevi scadenze, sarebbe di una im­perdonabile ambiguità il tentativo di placare gli animi provocan­do attese di soluzioni miracolistiche. Però, non dobbiamo lasciarci prendere dallo smarrimento. Verremmo meno al nostro dovere di Chiesa se coltivassimo stati d’animo fallimentari e non prospettive di speranza. Ebbene, ricuperiamo quel forte rigore morale proprio dei lavoratori di un tempo (e non solo di quelli di un tem­po). Stringiamo i denti per vivere nella crisi con lucidità e corag­gio. Eleviamo con fermezza e con una solidarietà nuova, che sca­valchi le barriere delle ideologie contrapposte, la nostra voce presso gli organismi governativi, perché le promesse di reimpiego non siano generiche, inadeguate, lontane nel tempo, e non si risolva­no in una ulteriore presa in giro ai danni dei poveri.

Verranno, ne siamo certi, tempi migliori per voi e per i vostri figli. E gli spettri della disoccupazione e della catastrofe econo­mica per la città rimarranno, ce lo auguriamo, solo un brutto ri­cordo.

Affidiamo al Signore le nostre angustie. E Lui ci faccia germo­gliare nel cuore tante speranze e le porti a compimento.

15 febbraio 1983

+ ANTONIO BELLO, vostro Vescovo,
e, con me, il Presbiterio, l’Azione Cattolica
e i movimenti laicali
di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo


Trascrizione online | A cura della  Redazione dontoninobello.info


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[ 15 febbraio 1983 ] «Se arrestate loro, arrestate anche me», la “pace ribelle” di don Tonino per i lavoratori delle Afp (Acciaierie e ferriere pugliesi).

[ 24 marzo 2018 ]   2 Antonio D’Angelico e Nicola Magrone ricordano quella giornata di 35 anni fa, l’occupazione dei binari e l’intervento del vescovo don Tonino Bello.

«Se arrestate loro, allora arrestate anche me». Furono queste le parole, pacate ma decise, proferite da don Tonino Bello davanti al pubblico ministero Nicola Magrone in una stanzetta della caserma dei carabinieri di Giovinazzo. Era il 15 febbraio del 1983 e il vescovo, che da pochi mesi si era insediato nella diocesi di Molfetta, era intervenuto a seguito della protesta dei lavoratori delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi, che avevano occupato i binari della linea ferroviaria Bari-Foggia.

L’azienda, che versava in una profonda crisi, non riusciva più a garantire il pagamento dei salari, rendendo drammatica la situazione per molte famiglie giovinazzesi. I lavoratori avevano quindi deciso di manifestare la propria disperazione bloccando la circolazione ferroviaria, dimostrandosi decisi a non recedere dai propri propositi nemmeno di fronte all’intervento delle forze dell’ordine. Quando i reparti in tenuta antisommossa tentarono di forzare il blocco ne scaturì una sassaiola che si concluse con alcuni feriti da entrambe le parti.

In quei terribili frangenti intervenne don Tonino, prendendo le difese dei lavoratori tanto da assumersi personalmente anche tutte le conseguenze delle loro azioni. Fu quello un gesto di amore e di coraggio, probabilmente il primo alla guida della diocesi, che indicava la strada che il suo episcopato avrebbe percorso, sempre accanto agli ultimi e agli indifesi.

«Don Tonino non fu solo autore di un gesto di umanità e di solidarietà ma soprattutto fu capace di tradurlo concretamente. Mi sembrò subito una persona di pace ribelle», ricorda Nicola Magrone che con don Tonino ha poi avuto una frequentazione personale.

Proprio l’ex magistrato, oggi Sindaco di Modugno, e Antonio D’Angelico, che quella mattina di 35 anni fa si trovava sui binari insieme a tanti altri lavoratori, hanno sfogliato il libro dei ricordi per raccontare cosa successe quella giorno e quanto don Tonino incise in quella vicenda. Una lezione che mai come oggi è necessario tenere nella mente e nel cuore.  (Nicola Palmiotto, Molfetta live)

 

  1. In * Antonio Bello. Antologia degli Scritti, Articoli, corrispondenze, lettere, notificazioni, vol. 5, Lettere, Mezzina, Molfetta 2003, 232-234
  2. “Attualità Molfetta live” 24 marzo 2018 di Nicola Palmiotto