I piedi del Risorto

Carissimi,

io non so se nell’ultima cena, dopo che Gesù ebbe ripreso le vesti, qualcuno dei dodici si sia alzato da tavola, e, con brocca, catino e asciugatoio, si sia diretto a lavare i piedi del Maestro.

Probabilmente, no.

C’è da supporre, comunque, che dopo la sua morte, ripen­sando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che rim­proverarsi l’incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore.

Possibile mai, si saranno detti, che non ci è venuto in mente di strappargli dalle mani quei simboli del servizio, e ripetere sui suoi piedi ciò che egli ha fatto con ciascuno di noi?

Dovette essere così forte il disappunto della Chiesa nascente per quell’occasione perduta, che, quando Gesù apparve alle don­ne il mattino della risurrezione, esse non seppero fare di meglio che lanciarsi su quei piedi e abbracciarli.

Testuale: «avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono». Ce lo riferisce Matteo, nell’ultimo capitolo del suo Vangelo. Gli cinsero i piedi.

Non gli baciarono le mani o gli strinsero il collo. No. Gli cinsero i piedi!

Erano già bagnati di rugiada. Glieli asciugarono, allora, con l’erba del prato e glieli scaldarono col tepore dei loro mantelli. Quasi per risarcire il Maestro, sia pure a scoppio ritardato, di un’attenzione che la notte del tradimento gli era stata negata.

Gli cinsero i piedi.

Fortunatamente avevano portato con sè i profumi, per unge­re il corpo di Gesù.

Forse ne ruppero le ampolle di alabastro e, in un rapimento di felicità, riversarono sulle caviglie del Signore gli olii aromatici, che furono subito assorbiti da quei fori: profondi e misteriosi, come due pozzi di luce.

Gli cinsero i piedi.

Finalmente! verrebbe la voglia di dire.

Ma, chi sa, in quel ritardo ci doveva essere anche tanto pudore.

Forse la Chiesa nascente, rappresentata dalle due Marie, pri­ma di cadergli davanti nel gesto dell’adorazione, aveva voluto aspettare di proposito che Gesù riprendesse davvero le vesti. Non quelle che aveva momentaneamente deposto prima della lavan­da. Ma quelle veramente inconsutili del suo corpo glorioso.

Carissimi fratelli, oggi voglio dirvi che la Pasqua è tutta qui. Nell’abbracciamento di quei piedi.

Essi devono divenire non solo il punto d’incontro per le no­stre estasi di amore verso il Signore, ma anche la cifra interpreta­tiva di ogni servizio reso alla gente, e la fonte del coraggio per tutti i nostri impegni di solidarietà con la storia del mondo.

Non c’è da illudersi. Senza questa dimensione adorante, espressa dal gruppo marmoreo di donne protese dinanzi al Risor­to, saremo capaci di organizzare solo girandole appariscenti di sussulti pastorali.

Se non afferriamo i piedi di Gesù, lavare i piedi ai marocchi­ni, o agli sfrattati, o ai tossici, non basta. Non basta neppure lavar­si i piedi a vicenda, tra compagni di fede.

Se la preghiera non ci farà contemplare speranze ultramon­dane attraverso quei fori lasciati dai chiodi, battersi per la giusti­zia, lottare per la pace e schierarsi con gli oppressi, può rimanere solo un’estenuante retorica.

Se, caduti in ginocchio, non interpelleremo quei piedi sugli orientamenti ultimi per il nostro cammino, giocarsi il tempo libe­ro nel volontariato rischia di diventare ricerca sterile di sè e moti­vo di vanagloria.

Se l’adorazione dinnanzi all’ostensorio luminoso di quelle stigmate non ci farà scavalcare le frontiere delle semplici libera­zioni terrene, impegnarsi per la promozione dei poveri potrà sfio­rare perfino il pericolo dell’esercizio di potere.

Non basta avere le mani bucate.

Ci vogliono anche i piedi forati.

È per questo che, quando Gesù apparve ai discepoli la sera di Pasqua, «mostrò loro le mani e i piedi». E poi, quasi per sottolineare con la simbologia di quei due moduli complementari che, senza l’uno o l’altro, ogni annuncio di risurrezione rimarrà sempre mortifi­cato, aggiunse: guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io».

Mani e piedi, con tanto di marchio! Ecco le coordinate essen­ziali per ricostruire la carta d’identità del Risorto.

Mani bucate. Richiamo a quella inesauribile carità verso i fratelli, che si fa donazione a fondo perduto.

Piedi forati. Appello esigente a quell’amore verso il Signore, che ci fa scorgere il senso ultimo delle cose attraverso le ferite della sua carne trasfigurata.

26 marzo 1989


* Audio Teca, DTB Channel & Fondazione Don Tonino Bello
In copertina * Cecco del Caravaggio, Resurrezione di Cristo (1610 – 1620) – The Art Institute of Chicago, Chicago (IL)


Trascrizione (audio) online | A cura della  Redazione dontoninobello.info